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Costruiamo il Microscopio di
Antoni van Leeuwenhoek
Giorgio Carboni, Marzo 2012
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Introduzione
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Uno dei primi microscopi costruiti dall'uomo fu quello dell'olandese Antoni van Leeuwenhoek (1632-1723). Nonostante egli fosse privo di una preparazione scientifica, con i propri microscopi riuscì a compiere numerose ed importanti osservazioni nel campo della microbiologia. Nel corso della sua vita, Antoni si dedicò a diversi mestieri compreso quello di commerciante di tessuti. In questo campo, venivano usate delle "perle" di vetro per esaminare le fibre tessili ad un certo ingrandimento per poterne valutare la qualità. Egli si accorse che più queste perle erano piccole più ingrandivano, quindi si mise a fabbricarne di molto piccole: anche tra 1 e 2 mm di diametro. Nella fabbricazione di queste sferette egli utilizzava polveri abrasive di granulometria via via più fine. Un altro metodo di fabbricazione delle minuscole sfere di cui si serviva era la fusione di pezzi di vetro. Ad alta temperatura, il vetro diventa fluido e la tensione superficiale del liquido conferisce alle sferette una forma sferica molto precisa che viene mantenuta nel raffreddamento. La manipolazione di queste piccole lenti era però molto difficile e lo strumento che Leeuwenhoek mise a punto serviva proprio per potere avvicinare i campioni da osservare a pochi decimi di millimetro dalla superficie della lente.
Il cannocchiale fu inventato all'inizio del 1600 e per merito di Galileo Galilei, che lo puntò verso il cielo notturno per osservare la Luna, Giove, e Venere questo strumento ebbe subito una grande fama. Infatti, le osservazioni astronomiche rese possibili dal cannocchiale fecero compiere un notevole progresso nella percezione del cosmo da parte dell'umanità. Il cannocchiale dava anche la possibilità di osservare una nave lontana e di capire se si trattava un vascello amico od ostile in tempo per fuggire o per prepararsi al combattimento.
Il microscopio nacque più o meno nello stesso tempo del cannocchiale, ma non ebbe la stessa fortuna. Infatti, per svariati decenni venne considerato più un gioco che uno strumento scientifico. Solo dopo molto tempo, al microscopio venne riconosciuta l'importanza che meritava nella comprensione dei fenomeni biologici, nel curare malattie fino ad allora mortali e in tante altre applicazioni.
Nella seconda metà del 1600, fra numerosi altri costruttori e utilizzatori di microscopi operava anche Robert Hooke, un altro importante personaggio della microscopia che fra le altre cose scoprì le cellule. Hooke si valeva principalmente di microscopi composti, ma usò anche dei microscopi semplici simili a quelli di Leeuwenhoek. In ottica, si considera "microscopio semplice", un microscopio formato da una sola lente e "microscopio composto" un microscopio formato da più lenti (obbiettivo e oculare). I primi microscopi composti furono ottenuti capovolgendo un cannocchiale, ma ingrandivano poco. Non si deve pensare che l'invenzione e il perfezionamento del microscopio sia stata opera di un solo individuo, perché invece furono molte decine i protagonisti della storia del microscopio, i quali fornirono innovazioni che nel corso di alcuni secoli portarono alla realizzazione del microscopio come lo conosciamo adesso e delle sue versioni speciali. Fra i più importanti contributi al perfezionamento del microscopio ricordiamo quelli di Galileo Galilei, Christian Huygens, Marcello Malpighi, Robert Hooke, Johannes Kepler [10].
Sembra tuttavia che i microscopi composti di quel tempo fossero di qualità inferiore ai microscopi semplici. Se costruirete anche il microscopio di Hooke che ho descritto in un altro articolo di questa galleria, potrete compiere dei confronti e dare così anche voi il vostro parere. La costruzione del microscopio di Leeuwenhoek che vi propongo vi può servire fra le altre cose per avere un'idea delle non piccole difficoltà che i suoi utilizzatori dovevano superare per compiere le loro osservazioni. Potrete sperimentare in prima persona come Leeuwenhoek vedesse con i suoi strumenti. Ovviamente, potrete anche utilizzare questi microscopi per fare delle osservazioni naturalistiche.
Prima di occuparci dei dettagli della costruzione di questo strumento è bene darne una rapida descrizione. La proprietà di una fiasca sferica piena d'acqua di ingrandire l'immagine degli oggetti era nota fin dall'antichità. Nessuno però aveva avuto l'idea di utilizzarla per osservare oggetti naturali. Come ho detto, Antoni si accorse che più la sfera era piccola, più ingrandiva. Egli si mise quindi a fabbricare lenti sferiche ed altre biconvesse molto piccole(anche meno di 2 mm). Si accorse anche che quanto più la sfera era piccola tanto più era difficile da maneggiare. Per potere utilizzare convenientemente quelle piccole lenti, egli dovette costruire uno strumentino con il quale potesse regolare la distanza del campione dall'obbiettivo a pochi decimi di millimetro. La sferetta veniva sistemata fra due lamierine d'ottone in una sede apposita (vedi la figura 1, davanti alla freccia rossa). Alcune viti gli permettevano di effettuare la messa a fuoco e di ottenere immagini in certi casi abbastanza nitide. L'uso di questo strumento si rivelò presto piuttosto laborioso, tanto che oltre a lui solo pochissime altre persone riuscirono ad utilizzarlo. Il campione da osservare veniva posto sulla punta che è subito alla sinistra dell'obbiettivo (figura 1). La vite principale ha la funzione di fare salire o scendere verso l'alto la punta. La vite in basso a sinistra permette movimenti verso destra/sinistra della punta e consente di bloccarla.
Nel realizzare questo strumento, per alcune parti ho utilizzato materiali diversi dall'originale, in particolare alluminio al posto di ottone. Tuttavia, si tratta di componenti di supporto i quali non influenzano l'ottica. Del resto, lo scopo che mi sono ripromesso non è quello di costruire una replica esatta dello strumento di Leeuwenhoek a scopo di collezione, ma di costruirne uno che funzioni in modo simile a quello del suo famoso fabbricante e che permetta di avere un'idea più precisa di come egli vedesse gli organismi che ha disegnato. Questa realizzazione si può quindi situare all'interno dell'archeologia sperimentale, nell'ambito della quale si riproducono degli strumenti antichi per usarli e per capire in questo modo come venivano utilizzati, i vantaggi che davano, etc.
Potrete dunque cambiare dimensioni e materiali delle diverse parti, salvo cercare di mantenervi più vicini possibile all'originale in prossimità dell'obbiettivo. Nel preparare le punte e gli occhielli, tenete presente che la figura 1 è fuorviante. Infatti, il campione non deve stare tanto lontano dall'obbiettivo quanto viene mostrato. Nella figura 1, questa distanza è di alcuni millimetri, mentre dovrà diventare di pochi decimi di millimetro. Le misure che fornisco sono relative al mio microscopio (figura 2), mentre voi dovrete adattarle al vostro strumento.
Obbiettivo Per ridurre la formazione di bollicine nelle sferette prodotte, lavate bene la bacchetta di vetro con acqua e sapone, poi non toccatela più nella parte centrale. Dopo aver acceso il becco Bunsen e regolata la fiamma in modo che sia ossidante, scaldate la parte centrale della bacchetta ruotandola con le dita. Quando il vetro si sarà ammorbidito a sufficienza, allontanate la bacchetta dalla fiamma e tirate con decisione le due estremità fino ad ottenere un filo di vetro del diametro di circa 0,3 mm. Con le pinzette spezzate il filo a metà, senza mai toccarlo con le dita. Portate una delle due estremità ottenute sul fianco della fiamma e accostatela finché comincerà a fondere formando una pallina. Alimentate questa sferetta avvicinando il filo alla fiamma finché avrà raggiunto la dimensione di 1,5-2 mm, poi allontanatevi dalla fiamma e lasciate raffreddare la sferetta. Spezzate ora il filo il più possibile vicino alla pallina. Quello che garantisce la forma sferica della pallina di vetro è la tensione superficiale del vetro fuso. Però la forza di gravità tende a deformare la sfera, quindi, per ottenere obbiettivi di buona qualità, dovete mantenere piccole dimensioni. Occorre preparare almeno una dozzina di sferette, poi, con una lente abbastanza forte, sceglietene una della dimensione giusta ed esente da bolle d'aria e da altre imperfezioni. Questa sarà l'obbiettivo del microscopio. Tenete di scorta le altre lenti di buona qualità. Sferette di vetro di ottima qualità possono essere acquistate presso la ditta americana. "Edmund" (fused silica balls). Se avete un vecchio obbiettivo forte da microscopio da sacrificare, togliete tutte le lenti all'infuori della prima (rispetto al campione). Dovrebbe essere semisferica. |
Piastrine Con un bulino con punta conica a 90°, imbutite la sede della sfera da entrambe le parti. Per facilitare questa operazione, vi conviene ricuocere le piastrine in corrispondenza della sede per rendere il materiale più facilmente deformabile. Alla fine dell'operazione, la sfera non dovrà più muoversi nella sua sede. Con una lima, spianate la parte esterna della sede in modo che sia possibile avvicinare il campione a 0,1 mm dalla lente. Fate attenzione con la lima a fermarvi prima di toccare la lente. Sbavate i fori della sede per l'obbiettivo. La figura 4 vi da delle misure per capire meglio come operare nel realizzare la sede. Separate le piastrine l'una dall'altra, pulitele e spruzzate della vernice nera opaca all'interno delle 2 sedi.Con l'aiuto di una lente da orologiai o meglio di un microscopio stereoscopico, verificate che la lente sia mantenuta ferma dalla sede e che sia orientata in modo da non avere la zona di attacco della ex coda in corrispondenza dei fori. Con filo di alluminio per bonsai del diametro di 2 mm o con filo di rame da elettricisti del diametro di 1,5 mm, realizzate dei rivetti. I rivetti di alluminio sono molto morbidi. Togliete le viti una alla volta e montate i rivetti (la sfera deve essere già in posizione). |
Figura 5 - Punta ad occhiello per campioni liquidi. Notate
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Figura 6 - Vite di fermo della vite principale. |
Figura 7 - Vite di fermo e vite principale. |
Blocchetto
Il blocchetto viene spinto avanti e indietro dalla vite principale. Viene mosso
verso destra e sinistra con archi di cerchio attorno alla vite di fermo.
Sul blocchetto verrà montata una punta normale o una punta a occhiello (figura
5). Queste punte devono sfiorare l'obbiettivo.
Nella figura 5, sono visibili il foro su cui si impegna la vite principale a cui
viene tolta la filettatura negli ultimi 6 mm.
Il foro sul blocchetto è
regolabile in modo da potere ridurre i giochi che renderebbero instabili le
punte. Questo dispositivo non è presente nei microscopi di Leeuwenhoek e potete farne a meno.
Dall'altra parte del blocchetto, è visibile una vite di messa a fuoco (poco
utilizzabile perché va subito fuori fuoco). Il mio blocchetto ha le seguenti dimensioni: 8 x 16 x 32
mm.
In basso sul blocchetto realizzate un foro filettato per inserirvi le punte (una
alla volta). Questo foro dovrebbe essere un po' inclinato per dirigersi verso
l'obbiettivo (senza toccarlo).
Angolare
Tagliate un pezzo di angolare, oppure piegate a 90° una piastrina di ottone o di
alluminio, per sostenere la vite principale.
Forate e filettate l'angolare e montate la vite principale. Nelle figure 6 e 7,
è visibile la vite di bloccaggio della vite principale.
Piegate l'angolare in modo che il blocchetto debba strisciare leggermente sulla
piastrina.
Vite principale
Per ottenerla, va bene una vite senza testa oppure una trafila filettata d'ottone M6 da cui
tagliare uno spezzone lungo 70 mm.
Da una parte fissate un'aletta, oppure un perno diametro 2 mm per manovrarla.
Dall'altra parte riducete il diametro della vite a 4,2 mm x 6 mm.
Come potete vedere nella figura 5, forate il blocchetto con una
punta da 4,2 mm.
Fate un intaglio di sega e applicate una vite con testa a Brugola per regolare il
diametro del foro.
Lo strumento dispone anche di punte ad occhiello per osservare campioni liquidi.
Messa a fuoco
In figura 1, è indicata una vite chiamata di messa a fuoco destinata a
regolare la distanza della punta dall'obbiettivo. In realtà, se si mantenessero
le proporzioni della figura 1, non sarebbe possibile vedere nulla. Infatti in
quella figura, la distanza tra l'obbiettivo e la punta è di alcuni
millimetri (e può solo allontanarsi), mentre deve essere di alcuni decimi di millimetro. Anche nella
pratica questa vite si rivela poco utile perché è più spesso necessario
avvicinare la punta all'obbiettivo che allontanarla. Per fare la
messa a fuoco è spesso necessario premere sulla punta oppure flettere le
piastrine per avvicinarle all'obbiettivo.
Punte
In questo microscopio sono utili le punte ad ago e le punte con occhiello.
Tutte queste punte potranno essere inserite in un apposito foro M3 passante sul
blocchetto.
Le
punte ad ago vi serviranno per sostenere i campioni di consistenza
cremosa.
Preparate alcuni occhielli d'ottone con il diametro interno di 6 mm e quello
esterno di 8 mm.
Con un tagliavetri e una mascherina con cerchi, ritagliate alcuni dischetti di 8 mm di diametro da un coprioggetti.
Saldate un occhiello sull'estremità di una vite M3 privata della testa (figura
5).
Nel fare questa operazione, mettete sotto l'occhiello uno spessore di carta.
Con un bastoncino tenete premuto l'occhiello sulla piastrina.
Come risultato, l'occhiello dovrà essere parallelo alla piastrina e sfiorarla.
Con silicone o altra colla incollate all'occhiello un dischetto di vetro avente
lo stesso diametro esterno.
Otterrete punte ad occhiello che vi serviranno per i campioni liquidi.
Come materiali per il dischetto trasparente e sulle orme di Leeuwenhoek si possono
utilizzare anche foglietti di mica.
Sulle punte è utile fissare un chiodino per poter premere all'occorrenza la
punta senza toccare il campione.
Montate e adattate le diverse parti.
Stringete il foro elastico della vite principale (figura 5) per riprendere i
giochi.
Posizionate la punta ad ago in corrispondenza
dell'obbiettivo.
Questo microscopio non dispone di tutti i
movimenti necessari, ma si basa molto sulla
pressione
e trazione esercitata su alcune sue parti. Per esempio sulle
punte e sulle piastrine. Fate alcuni tentativi
di osservazione ponendo
un campione sulla punta ad ago.
Sostituite l'ago e montate una punta
ad occhiello. Ponete nell'occhiello una goccia di acqua raccolta in uno stagno e
centrate l'occhiello
rispetto all'obbiettivo.
Nel compiere queste regolazioni spingendo e tirando punte ed occhielli, è facile
rovinare il campione e sporcarsi le dita. Per evitarlo, saldate un piolo sulle
punte ad ago e ad occhiello in
modo da rimanere con le dita sempre ad una certa distanza dal campione.
Mantenete
pulita
l'ottica di questo piccolo microscopio perché è essenziale per
avere delle immagini nitide.
Per questo strumento l'illuminazione è particolarmente importante. Purtroppo non si conosce quale fosse il sistema usato da Leeuwenhoek. La luce del Sole sia diretta che riflessa da uno specchio è da scartare perché troppo forte e proviene da un angolo solido troppo limitato. Potrebbe avere usato la fiamma di una candela, oppure la fiamma di una lampada a gas concentrata per mezzo di una fiasca sferica riempita d'acqua eventualmente seguita da una lente semisferica. In questo modo poteva illuminare il campione per luce riflessa (episcopia). Con le punte ad occhiello poteva ottenere una illuminazione per trasparenza (diascopia). Potete fare delle prove utilizzando tecniche e materiali disponibili ai tempi di Leeuwenhoek. Per semplificarvi la vita, provate con una lampada elettrica con bulbo smerigliato tenuta alla distanza di circa 30 cm. Se terrete la sorgente di luce troppo vicina al microscopio, non vedrete più nulla. Dovete trovare la posizione giusta per tentativi. Se state troppo vicino, vi troverete nella stessa situazione di un microscopio con il diaframma di apertura completamente aperto e non riuscirete nemmeno a scorgere il campione. Se vi terrete troppo lontani, le immagini diverranno troppo contrastate e prive di particolari fini.
Nell'osservare campioni cremosi o solidi, usate punte "a spillo". In questo caso, il microscopio può essere tenuto verticale e l'occhio dell'utilizzatore deve guardare nella direzione indicata dalla freccia rossa della figura 1. Nell'osservare campioni liquidi, come l'acqua di stagno, dovrete usare punte "ad occhiello". In questo caso, il microscopio va tenuto orizzontale in modo che l'acqua non coli via, ma si disponga abbastanza uniformemente sotto l'occhiello. Il campione va tenuto a pochi decimi di millimetro dalla sferetta (per una sfera di vetro di 2 mm di diametro, tale distanza vale 0,47 mm ossia mezzo millimetro circa, che diventano 0,3 mm se si considera lo spessore del dischetto di vetro). L'occhio va tenuto invece il più vicino possibile alla sferetta (qualche centimetro).
Per le prime osservazioni, montate le punte a spillo. Posate un campione, per esempio della muffa, sulla punta dello spillo ed osservate. Fate altre prove cercando di osservare microrganismi presenti nell'acqua di uno stagno prelevata raschiando dei bastoncini o dei sassi di colore verdastro. Con un contagocce, fate cadere una piccola goccia d'acqua sopra il vetrino della punta a occhiello. Per evitare che l'acqua cada, mantenete orizzontale lo strumento. Non inserite troppa acqua, né troppi detriti nell'occhiello. Guardate sempre nella direzione della freccia rossa di figura 1.
Se siete stati in grado di vedere qualcosa
vuol dire che avete superato brillantemente tante sfide in ottica ed in
meccanica!
Ben poche persone fra quelle che hanno provato i microscopi originali di
Leeuwenhoek sono riuscite a vedere qualcosa.
Continuate dunque a fare delle osservazioni per impratichirvi dello strumento e
per migliorarne le prestazioni.
Come ho detto, questo strumento vi permette di compiere osservazioni in un modo molto vicino a quello di Leeuwenhoek e di rendervi conto delle difficoltà contro cui ha dovuto combattere per tanti anni. Vi permette anche di fare dei confronti con microscopi composti con obbiettivo a sfera di vetro. La costruzione di questo antico strumento fa capire l'importanza di certi dettagli per produrre un modello funzionante. Per esempio fa capire l'importanza di avere l'obbiettivo pulito, di avere il campione da osservare vicinissimo all'obbiettivo e di portarsi con il microscopio ad una certa distanza dalla lampada per potere scorgere il campione. Continuate a fare delle prove anche allo scopo di migliorare lo strumento. Se volete, potete passare agli altri modelli di microscopio a sfera di vetro che sono presenti in questa galleria, i quali introducono importanti miglioramenti.
La realizzazione di questo strumento, con tutte le sue esigenze finisce per riempirci di stupore per le lavorazioni meccaniche che Leeuwenhoek ha dovuto e saputo compiere nel XVII secolo, quali forare e filettare i diversi fori, segare e limare le piastrine e il blocchetto, forare le sedi dell'obbiettivo con punte sottilissime, brasare alcuni particolari, produrre obbiettivi, tagliare dischetti di vetro di pochi millimetri di diametro, insomma: complimenti signor Leeuwenhoek!
1 -
http://www.vanleeuwenhoek.com/ Thonis van Philipszoon "Antonj van
Leeuwenhoek" 1632 - 1723 A.D.
2 - Antonj van Leeuwenhoek, Father of
Microbiology History of Antonj van Leeuwenhoek, with his microscopy methods
and discoveries - Una quantità di preziose informazioni.
3 -
http://www.juliantrubin.com/bigten/leeuwenhoek_microscope.html Repeat Famous
Experiments and Inventions. Hands On Activity: Build a van Leeuwenhoek
Microscope ***
4 - http://www.funsci.it/microscopio-sfera.htm Microscopio a sfera di vetro.
5 -
http://www.microscopy-uk.org.uk/mag//artapr07/hl-scope.html Making a Van
Leeuwenhoek Microscope Lens
6 -
http://www.mindspring.com/~alshinn/Leeuwenhoekplans.html
To Make a Van Leeuwenhoek Microscope Replica
Termini per ricerche su Internet: Leeuwenhoek, Hooke, microscope, lens.
7 - C.L. Stong; estratto da: "The Scientific American; Come si fa"; Enciclopedie
Pratiche Sansoni; 1966; Firenze.
Si tratta di una raccolta di articoli scritti da autori
diversi, dedicati allo scienziato dilettante e curata da C.L. Stong.
8 - Roger Hayward (1899-1979), artista, architetto, progettista di strumenti
ottici, astronomo.
9 - Turner Gerard L'Estrange, Microscopi. Guida per il collezionista,
Cinisello Balsamo (MI), Silvana editoriale, 1981.
10 - Paolo Castano, Microscopia ottica e Fotomicrografia, Tamburini editore,
Milano, 1975.